Sensibilità

Ci riferiamo qui alla capacità tipicamente umana di aprirsi agli stimoli degli ambienti che si abitano, elaborandoli e trasformandoli grazie all’immaginazione e al linguaggio.

Si tratta di un sentire che incorpora in sé il discernimento e la critica, cioè il riconoscere le differenze della complessità del reale, e che è in grado di direzionare il pensiero progettuale verso forme nuove e non già determinate.

Riconoscerla come una caratteristica umana non vuol dire sancire una superiorità antropocentrica rispetto agli altri agenti del pianeta, che possiedono prestazioni sensibili diverse.

In filosofia si parla in questo caso di aisthesis, da cui discende la parola “estetica”, ovvero la disciplina che si occupa di riflettere criticamente sulle qualità e le prestazioni della sensibilità umana e solo secondariamente è legata alle teorie del bello (nonostante questo secondo significato prevalga nell’uso comune).

Se “scienza e tecnologia appartengono principalmente al dominio del sentire e solo dopo a quello dell’usare” (S. Iaconesi, Fino alla Fine - Until the end), allora diventa fondamentale il modo in cui costruiamo questa relazione e co-evoluzione - tutt'altro che neutrale - con gli artefatti tecnologici.

In Ecosistemica progettiamo ritualità e ambienti fisico-digitali che favoriscano l’apertura e l’espressione della sensibilità delle persone e dei gruppi, rifiutando quegli automatismi che la anestetizzerebbero e canalizzerebbero in comportamenti ripetitivi.

Per noi questo tema si lega fortemente a quello della presenza, cioè alla capacità di entrare in contatto con il proprio e altrui sentire nel “qui e ora”, a partire dall'esperienza del corpo (come insegnano le pratiche di meditazione e di mindfulness).

Riferimenti bibliografici:

P. Montani, Tecnologie della sensibilità: estetica e immaginazione interattiva. Milano: Raffaello Cortina, 2014.

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